Carissimi,
questo piccolo ma prezioso strumento di comunicazione, che entra in maniera discreta nelle vostre case, permette non solo di far conoscere a tutti orari ed appuntamenti, ma anche di far circolare idee, suscitare commenti e confronti, informare sugli avvenimenti della nostra comunità, della Chiesa e del mondo. Ho continuato a stilare questo “foglio” che il mio predecessore, don Giuseppe Martella, ha iniziato come ideale prolungamento del dialogo intessuto tra pastore e gregge, arricchendolo nello stile, nella grafica ed assegnandogli un titolo che lo possa facilmente identificare tra la tanta carta che arriva nelle nostre famiglie.
Ho pensato di chiamarlo “il Seme”, richiamando alla mente una tra le più belle parabole di Gesù che ci viene riportata nel vangelo di Marco (4,26-27): «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme nel terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa».
Mi ha sempre affascinato questo paragone tra il regno di Dio e il seme. Qualcosa di immensamente grande, visualizzato da ciò che è infinitamente piccolo. E’ il paradosso della fede! Anche Gesù, un volto tra tanti, tra miliardi di uomini, è manifestazione di Dio: «Chi ha visto me, ha visto il Padre» (Gv 14, 9). Ma la realtà più sconcertante è nascosta nella simbologia del seme: ciò che l’uomo deve fare è seminarlo nella terra. Poi tutto avviene grazie alla forza del seme.
L’instaurarsi del regno di Dio non dipende dalle nostre capacità organizzative, né dalle nostre qualità. Non siamo noi a dare valore a quel seme, perché non è nostro. Ci è stato posto tra le mani con un amore e una fiducia incommensurabili, e ci è stata fatta una sola raccomandazione: «Semina! Buttalo via tutto, non trattenere nulla per te! Non calcolare, non lesinare, non selezionare… “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”».
Quel seme è una Parola, che ci ha chiamati all’esistenza e alla fede. Una parola che ci ha chiamati alla sequela e ci provoca alla fedeltà. L’unica Parola che può dar senso, che merita di essere seminata nel cuore di tutti.
E quella Parola dà frutto. Perché da sola cresce, si fa spazio.
Se viene repressa, riemerge; se viene addomesticata, si ribella; se viene uccisa, risorge.
Da quella Parola traggono senso e vigore le nostre parole, quelle che vicendevolmente ci doniamo nell’Eucaristia, quelle che segnano i nostri incontri e che alimentano la nostra fraternità e la nostra amicizia. Sono le parole che vi rivolgo con il cuore, da questo piccolo foglio senza grandi pretese, da questo piccolo “seme” gettato nella terra della nostra quotidianità, ma che permette di aprirci vicendevolmente alla comprensione e alla condivisione.
Ecco perché ho pensato di chiamare questo foglio “il Seme”.
Un piccolo seme, sì, ma che può portare molto frutto se viene accolto con lo stesso amore con cui viene seminato.
don Giuseppe